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Diritto Internazionale: I casi di Polonia e Ungheria

Nell’ambito del diritto Internazionale e del diritto costituzionale comparato, la Polonia e l’Ungheria sono i casi di studio più complessi e interessanti da analizzare. Prima di andare a vedere il perché rappresentino una regressione democratica, andiamo a capirne lìevoluzione.

L’origine dell’ inversione del diritto costituzionale in Polonia e Ungheria

Alla fine degli anni 80, Ungheria e Polonia (Unione Europea dal 2004) hanno subito processi simili di transizione dal socialismo alla democrazia. Dopo la Guerra Fredda, i due Paesi, furono rappresentati come gli apripista e i modelli della conversione democratica agli standard costituzionali Europei, proprio nelle zone più politicamente opposte. Essendo questi Paesi ancora membri, rappresentano anche un fallimento degli strumenti post-ingresso oltre che di pre-ingresso nell’Unione Europea.

Ungheria

Dopo le elezioni politiche del 2010 quando la coalizione dominata dal partito conservatore Fidesz arrivò al potere, modificò la costituzione adottando una nuova legge fondamentale. Viktor Orbán, Primo Ministro dell’Ungheria, ha guidato un processo di regressione democratica instaurando uno stile di governo autoritario minando le istituzioni democratiche. Il partito ha sfruttato le debolezze del precedente quadro legislativo per avviare una serie di modifiche:

  • Controllo dei Media: Ha preso il controllo dei media, limitando la diversità delle voci e promuovendo una narrazione favorevole al suo governo.
  • Paralisi del Tribunale Costituzionale: L’indipendenza del Tribunale Costituzionale è stata ridotta ed indebolita.
  • Rigidità Costituzionale: La nuova costituzione ha reso possibile l’emendamento del testo costituzionale a due terzi dei membri del parlamento monocamerale. Questo si traduce con il partito che può proporre emendamenti anche da un solo membro del parlamento, consentendo al Fidesz di modellare la costituzione a poprio piacimento.
  • Legge elettorale premiante: Il sistema elettorale è stato fortemente premiante nei confronti della prima forza politica, il che, ha permesso al Fidesz di ottenere una maggioranza significativa in parlamento e facilitando ulteriormente le modifiche costituzionali.

Da un progetto apripista verso la democrazia, l’Ungheria è diventata una società finalizzata al Nazionalismo. La neutralizzazione della Corte Costituzionale, la sostituzione dei giudici e le restrizioni alle libertà individuali, sono solo alcuni degli aspetti del progetto Fidesz. Riforme che hanno messo in serio dubbio l’appartenenza all’UE e hanno sollevato preoccupazioni rigurado alla democrazia e allo Stato di Diritto.

Polonia

Dopo le elezioni del 2015, la Polonia ha intrapreso un percorso simile. Ha emulato l’approccio di Orbán, cercando di paralizzare il Tribunale Costituzionale e prendendo il controllo della magistratura. L’attuale Costituzione post-comunista non è altro che l’espressione dei compromessi tra forze ex comuniste e Solidarnosc. Dopo la vittoria del PIS, con a capo Jarosław Aleksander Kaczyński alle elezioni elettorali, la Polonia ha intrapreso gradualmente e sistematicamente una regressione democratica, volta a portare il controllo del governo nelle mani di pochi. Vediamo alcune delle riforme ancora vigenti sotto il presidente Andrzej Duda:

  • Riforme Giudiziarie: Compromessa l’indipendenza del sistema giudiziario, incluso il controllo sulla Corte Suprema e sull’organo di autogoverno della magistratura. Nel 2015 ha adotttato una legge che consente di eleggere tutti i giudici il cui mandato sarebbe terminato nel medesimo anno (questo ci servirà per l’ultimo punto).
  • Controllo dei Media: Ha influenzato i media pubblici, trasformandoli in portavoce del governo e limitando la libertà di stampa.
  • Rigidità del Tribunale Costituzionale: La situazione è diventata più complessa quando vennero emanate dal Tribunale Costituzionale due sentenze separate (K 34/15 del 3 Dicembre e K 35/15 del 9 Dicembre), annullando la nomina di 5 giudici, 2 dell’8 dicembre e 3 del 2 dicembre. Tramite questa manovra la leggitimità delle decisioni costituzionali non poteva essere attuata visto che aveva bisogno della maggioranza di 13 su 15 membri, mentre al tempo ve ne erano 12.

Polonia e Ungheria, pur essendo membri dell’Unione Europea, sono stati oggetto di preoccupazione e critica per le loro azioni che minano i principi fondamentali dell’UE. La situazione richiede un bilanciamento delicato tra il rispetto della sovranità nazionale e la difesa dei valori comuni dell’Unione Europea.

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